Storie sciagurate - Max Condreas

Copertina Storie Sciagurate web2023 / pag. 256 / € 15
ISBN 979-12-80848-06-2

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Max Condreas scrive le sue Storie sciagurate, forgiandole dai blocchi grezzi di un materiale che è disponibile in quantità massicce nel territorio d’elezione. Sto parlando, nello specifico, della provincia sudpontina e della sua variegata e pittoresca fauna di autoctoni, le cui vicissitudini, caratteristiche, idiosincrasie ed eventuali strampalerie diventano qui protagoniste di racconti che prendono spunto dalla realtà, per poi travalicarla in modo sistematico fino alla reinvenzione.

[Simone Lucciola]

Max Condreas è nato a Formia, dove risiede, il 9 maggio del 1969. Ha dato alle stampe diverse raccolte poetiche tra cui Fiori Notturni (2008), Dal Marciapiede dei Ricordi (2010), Origami Impazziti (2012), per citare le ultime tre. Nel 2016 ha pubblicato il volume di racconti Ad Alto Degrado Sociale, di cui Storie Sciagurate è il ben degno prosieguo sotto tutti i punti di vista.

 

Commenti dei lettori


Max mi metteva in guardia, da amico premuroso, mentre mi accingevo alla lettura di questa sua nuova raccolta. Una “silloge narrativa” scontrosa, cruenta, sboccata ed estremamente pulp. Di tutte le parole che ho usato finora, forse “silloge” merita una piccola glossa. Difatti è termine che si usa in riferimento a raccolte di poesie, non di racconti, come sarebbe il caso di queste Storie Sciagurate del mio caro Condor. Eppure, tra le periferie scrostate, le bestemmie dei reietti, la violenza efferata e gli ammicchi del diavolo – vi assicuro – troverete più poesia che prosa.
E qui sta la magia, la firma di Max Condreas, che riesce a parlare di cazzi, vomito, calci in faccia e alle palle sempre con una discrezione che va ben oltre i concetti di sconcio o raffinato. Si tratta di una misura nella dismisura, di certo partorita nel chiaro di quegli occhi azzurri con cui l’autore ha composto la sua opera. Un’ombra di quel colore riluce su tutte le miserie raccontate nel libro, su tutte le provocazioni, gli insulti, le rivolte. E allora nulla sembra gratuito, nulla risulta volgare e riesci a leggere anche d’un fiato cento pagine senza avere la nausea, pur passando tra i rivoli più infimi della disumanità.
Benedetto Croce diceva che non bisognerebbe mai leggere l’opera alla luce dell’autore che l’ha scritta, cedendo alla trappola della biografia o dell’identificazione; ma con buona pace dell’immenso critico letterario io oggi me ne frego in questa scherzosa, pepata recensione e a Max dico:
«Ti ho riconosciuto, amico, ho riconosciuto il tuo dolore, il tuo umorismo, la tua esasperazione e la tua carità; insomma la poesia, sopra tutto il resto. E se alcune parole, alcune scene, resteranno un rimando segreto fra te e chi ti conosce troppo bene, ti assicuro che il rock, la potenza, l’amore intimo e civile dei tuoi scritti arriveranno forti e chiari a chiunque avrà la fortuna di leggerti, sconosciuto o no».
Un’avvertenza sola al pubblico: per leggere il libro di Max, dovrete prima fargli spazio; per fargli spazio dovrete sgombrare mente e cuore da pregiudizi, moralismi e rigurgiti puritani. Scegliete di farlo e vi aprirete a un’opera d’arte che merita profondamente il vostro tempo e il vostro smarrimento, fatelo e sarà un favore reso soprattutto a voi stessi.

[Salvatore Rosella]

 

Nel suo ultimo edito: Storie Sciagurate, a suon di parole ricercate e mai banali, frasi a effetto e finali spesso scioccanti, Max Condreas costringe il lettore a tirar fuori le emozioni più recondite della sua mente, le maltratta, si prende gioco di loro e le rigetta tra le pieghe della sua anima. Il ritmo incalzante, l’incedere veloce dei suoi racconti, spesso coglie impreparati, ci si ritrova dinanzi a scene talvolta vere e crude, altre di oscura fantasia. Con la sua realistica descrizione di fatti, situazioni, oggetti e persone, ogni racconto è un quadro plastico complesso, che prende forma e colore nel limbo dell’immaginazione.
La lettura di questo libro è un viaggio tra personaggi, luoghi, situazioni ai confini della realtà, nella periferia appunto, ma non mi riferisco a quella urbana, è la periferia dei nostri pensieri, dove, nell’animo più profondo e nascosto, all’ombra del nostro pseudo pudore, celiamo i nostri istinti, desideri e paure.

[Corrado Iacotucci]

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